19 luglio 2023

Studiare lo spettacolo teatrale in archivio: il contributo dei fondi fotografici del Centro Apice

Ferruccio Soleri interprete di Arlecchino (Archivio Fotografico “La Notte”)

Nel bagaglio strumentale dello storico del teatro contemporaneo solo da qualche decennio si è inserita tra le fonti documentarie la fotografia, probabilmente a causa di un pregiudizio più radicato di quanto si pensi riguardo alla valenza scientifica di un’immagine, che fissa un frammento parziale di un evento dal vivo, rischiando di falsare l’interpretazione dell’intero fenomeno, oppure di orientarlo secondo una prospettiva che non tenga adeguatamente conto della sinergia dei codici, che sempre è alla base dello spettacolo. È, invece, acquisizione degli ultimi anni la necessità di una riflessione metodologica sul valore documentario dello scatto fotografico, al fine di ricostruire tasselli di memoria non rintracciabili altrimenti, e nel contempo aprire piste interpretative sul significato estetico e ricettivo di un artista o di un evento.

I recenti studi sulla fotografia teatrale si sono orientati secondo due fondamentali filoni: da un lato, lo studio dei ritratti d’attore, posati con costumi di scena o presentati con abiti borghesi, ma sempre finalizzati a veicolare una serie di significati rivolti allo spettatore, o più in generale, al giudizio di un pubblico di lettori, a cui si offre l’immagine, insieme artistica, biografica e sociale, di un interprete di teatro. Accanto a questi, si colloca il filone delle foto di scena, dapprima predisposte a favore dell’obiettivo dei fotografi, soprattutto alla fine dell’Ottocento, nei primi esempi di ripresa di impianti scenici teatrali, ma più frequentemente, con l’andare del XX secolo, costituiti da scatti effettuati durante lo spettacolo, ovvero da istantanee di scena che, rilette con uno sguardo storiografico e specialistico, possono fornire una serie di informazioni in grado di completare quadri altrimenti mancanti, o nei casi migliori, di suggerire nuovi contributi interpretativi di eventi già per altri versi molto studiati.

I fondi fotografici custoditi in diverse sezioni del Centro Apice conservano materiali teatrali appartenenti ad entrambi i filoni e consentono di individuare inediti percorsi di indagine, utili per ripensare alcune pagine della storia del nostro spettacolo.

Si tratta principalmente di raccolte fotografiche conservate nei fondi degli attori, come parti integranti delle memorie della loro attività, in grado di restituire punti di vista differenti anche su famosi spettacoli. Per non fare che un esempio fra i tanti possibili, si può ricordare qui la messe di materiale iconografico teatrale presente nell’archivio di Nino Besozzi . Il fondo è organizzato in una serie di grandi album, raccolti dall’attore e da lui ordinati cronologicamente a costituire una rassegna documentaria del suo lavoro. Accanto alla ricchissima rassegna stampa, ai programmi di sala e ad alcune lettere personali, numerosi scatti fotografici documentano la costruzione degli spettacoli e l’immagine che di essi si voleva trasmettere all’esterno: si tratta, infatti, di foto di scena con gli attori in posizione, predisposte quasi certamente come elementi pubblicitari da mettere a disposizione più che della stampa – che pure in diversi casi ne pubblica alcuni esempi – anche degli impresari dei teatri, presso cui lo spettacolo, prodotto da compagnie private, avrebbe potuto essere presentato nelle stagioni successive. Emergono nelle foto, oltre alle figure degli attori in costume, elementi degli scenari, degli arredi, e persino indizi della mise en scène del teatro professionistico italiano fra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta del Novecento.

In questa prospettiva di lettura critica dello spettacolo ancora più interessante è l’enorme quantità di foto legate al teatro contenute nel fondo Negativi e diapositive dell’Archivio Fotografico del quotidiano “La Notte” . Si tratta della sottoserie “Teatro”, che raccoglie oltre 6700 negativi relativi al periodo compreso tra la metà degli anni Cinquanta e la fine degli anni Ottanta, cioè nell’arco temporale grossomodo corrispondente con gli anni di attività del giornale. Il materiale è suddiviso in quasi 600 bustine, che testimoniano l’attività  di ripresa di eventi e protagonisti del mondo dello spettacolo dal vivo a Milano e in Lombardia; tutti i generi sono rappresentati, ma la gran parte delle immagini appartiene al teatro di rivista, seguito poi dal teatro di prosa e, infine, dalla lirica e dagli eventi musicali. Gli scatti sono affidati ai fotografi inviati dal giornale e per quasi nessuno di essi è possibile risalire alla paternità dell’immagine: sono il risultato di servizi che “La Notte” realizzava per documentare la vita teatrale della città, oppure qualche evento spettacolistico di grande risonanza, con lo scopo di raccontare attraverso le immagini i fenomeni di costume rivolti al pubblico dei suoi lettori. D’altronde, tale strategia era una delle caratteristiche del quotidiano diretto da Nino Nutrizio:  ampio rilievo e vasto numero delle fotografie sulla pagina, titoli grandi e in colore rosso, articoli asciutti e sintetici, per far presa sul grande pubblico, quasi che a guidare la fruizione del lettore fosse l’impatto iconografico più che la parola. Era questo il segreto del successo de “La Notte”, che anche in tal modo attirava gli interessi di quel pubblico popolare, che costituiva il principale bacino dei lettori della pagina degli spettacoli, battezzata La città al neon.

Per quanto riguarda il teatro, tale approccio ha interessanti risvolti da un punto di vista critico ed estetico; anche gli scatti sono riconducibili ai due filoni della fotografia teatrale, quelli – come si è detto – del ritratto d’attore e dell’evento in scena.  Così, da una parte, riemergono dal fondo dei negativi immagini di divi e protagonisti di generi teatrali molto amati dal pubblico: in primo luogo, si impongono nei rullini dei reporter il fascino delle soubrette e dei comici della rivista, ma non mancano le foto dei grandi attori teatrali delle compagnie private, tanto più se la loro fama è accresciuta dal lavoro per la televisione, come avviene per Gino Cervi o Vittorio Gassman, o ancora dei più famosi interpreti degli spettacoli del Piccolo Teatro, come il caso delle sequenze dedicate all’Arlecchino Ferruccio Soleri, colto per i lettori in camerino mentre si trucca per il suo personaggio.

Più interessanti sono, però, agli occhi dello storico, le foto scattate durante le recite, e lo sono principalmente perché la quasi totalità è inedita. Esse riprendono momenti dell’azione scenica, spesso offrendo nella bustina serie di scatti successivi: sono rimaste nell’archivio del giornale, perché poco attrattive per il pubblico popolare dei lettori de “La Notte”, ma a un’analisi storica possono rivelare aspetti e componenti assolutamente di grande interesse.

 

Foto di scena de Le Allegre Comari di Windsor (Compagnia Cervi-Villi-Miserocchi, regia di Pietro Scharoff, Milano, Teatro Nuovo, dicembre 1958). Archivio Fotografico “La Notte”

Si tratta della possibilità di ricostruire apparati e scenari mai documentati direttamente e di confrontare allestimenti di generi diversi che rivelano parentele inaspettate: la grande prosa attira gli interessi del pubblico che l’avvicinano agli apparati del sontuoso teatro di rivista, fatto di lusso e sfarzo scenografico. Ad esempio, nel caso de Le allegre comari di Windsor di Shakespeare presentato dalla compagnia Cervi-Villi-Miserocchi, con  la regia di Pietro Scharoff, al Teatro Nuovo, nel dicembre 1958,  i fotografi si soffermano sui componenti dei costumi, degli arredi e della scenografia, aspetti visivi che potevano catturare le attenzioni dei lettori de “La Notte” molto più che una scelta di traduzione o di messa in scena, ma che oggi acquistano il valore di una testimonianza storica ormai unica. Ancora, le numerosissime foto legate alle produzioni di rivista nei secondi anni Cinquanta permettono di ricostruire nel dettaglio gli allestimenti dei vari quadri di cui si favoleggia spesso, senza comprendere come materialmente essi potevano essere realizzati: le testimonianze fotografiche, magari anche non ben riuscite tecnicamente e con inquadrature imperfette, registrano con fedeltà gli schemi di prossemica,  la consistenza degli apparati di carta e di stoffa, la realizzazione degli effetti, permettendo di entrare dietro le quinte dei meccanismi che producevano la fascinazione della rivista sul pubblico. In questa direzione, la ricca banca dati della serie Teatro dell’archivio fotografico de “La Notte” è attualmente al centro di una linea di ricerca dell’unità di Milano all’interno del progetto Prin 2017 (Il lavoro dell’attore italiano tra modelli nazionali e contesti internazionali), che ha consentito gran parte una grande parte di digitalizzazione di queste immagini e avviato uno studio comparativo, che presto confluirà in una pubblicazione, allo scopo di aprire nuove indagini e piste di ricerca.

 

Mariagabriella Cambiaghi
Centro Apice

Università degli Studi di Milano