10 giugno 2021

Gio Ponti. Nuvole

Nuvole sono immagini, Gio Ponti, Milano, All’insegna del Pesce d’Oro, 1967

Gio Ponti, Nuvole sono immagini, All’insegna del Pesce d’Oro, Milano, 1967

“Cara Lisa, accogli assieme ai tuoi, anche a nome di Mia e di Silvano, le mie più sincere condoglianze per la morte del tuo, grande e straordinario, padre. Gli volevo molto bene, anche per averne ereditato l’amicizia e l’affetto da papà”. Inizia così la lettera, conservata nel Fondo Scheiwiller del Centro Apice, che Vanni Scheiwiller scrive a Lisa Ponti il 17 settembre 1979, il giorno dopo la scomparsa del grande architetto milanese Gio Ponti. Su carta intestata della casa editrice All’insegna del Pesce d’Oro, l’editore ripercorre il lungo e forte legame familiare attraverso alcune imprese editoriali, dall’Omaggio a Scheiwiller che Ponti curò con Lamberto Vitali subito dopo la morte della moglie dell’editore Artemia Wildt, nel 1937, al poema grafico Nuvole sono immagini, nel 1967.

Scritti e disegni dedicati a Scheiwiller (questo il titolo del volume del 1937 “500 copie numerate a iniziativa e spese di Gio Ponti”, conservato al Centro Apice) nasce come tributo di affetto e gratitudine, in un momento di grande dolore “per l’uomo, l’amico, l’esempio, che tu sei, Scheiwiller”, come si legge nella dedica di Ponti. Nel 1967 è Vanni a guidare la casa editrice (il padre Giovanni è mancato due anni prima) e a lavorare al poema grafico di Ponti. “Amavo tante cose sue, ne detestavo altrettante” ricorda il giovane editore: le discussioni sono appassionate, come si legge in alcune lettere, ma il risultato è un’opera d’arte grafica. Nuvole sono immagini si compone di 50 tavole di impronte e parole. Ogni pagina è un capolavoro: ora le nuvole ascoltano, ci chiamano, ci proteggono; ora si trasformano in angeli, in diavoli o volti; c’è poi il duello di nuvole, la testa tra le nuvole e le nuvole in maschera; ci sono le collane di nuvole e sulle nuvole si può anche salire (come si vede nell’unica tavola conservata al Centro Apice).

Tra i due progetti editoriali ci sono trent’anni di amicizia, consigli e confronti, testimoniati dalle tante carte d’archivio utili a ricostruire un rapporto e una collaborazione che andava oltre la professionalità. Ci sono biglietti d’auguri, che spesso diventano opere grafiche semplici e colorate (come quelli natalizi degli anni Settanta a Vanni), ringraziamenti, dove capita che il testo si inserisca in un disegno, e inviti. Nell’autunno del 1945, Giovanni è atteso, insieme al piccolo Vanni, a Civate, in Brianza, nella “baracca” dove la famiglia Ponti è sfollata: “Tu sei in una lista di ospiti cari. Scrivi a Giulia […] per combinare quando vieni. Il tuo bambino può restare molti giorni. Il posto è magnifico e caldo e degno di te. C’è latte appena munto. Si può portare anche da lavorare”. È un rapporto di grande confidenza e familiarità.

La casa di Civate, “nata a rovescio” (così viene descritta sulle pagine di “Domus” nell’aprile 1950) e ricostruita all’inizio degli anni Cinquanta, rimane per Ponti negli anni a venire un punto d’incontro intimo e informale dove invitare amici, collaboratori e colleghi; tra i tanti ospiti si contano anche i Mucchi, per rimanere nei documenti del Centro Apice.

“Oggi comunque so che con lui scompare una Milano civilissima che non lascia spazi di ricambio”: così Vanni conclude la lettera di condoglianze a Lisa Ponti facendoci comprendere quanto Milano debba alla personalità di Ponti e quante vicende piccole e grandi che lo coinvolgono meritino di essere ancora approfondite e indagate.

 

Giacinta Cavagna
Università degli Studi di Milano