24 luglio 2022

Gualtieri di San Lazzaro e la rivista “XXe Siècle”

"XXe Siècle",n. 1, 1951 copertina - Fondo Gualtieri di San Lazzaro e Maria Papa

“XXe Siècle”, 1951 copertina – Fondo Gualtieri di San Lazzaro e Maria Papa

A distanza di tempo Gualtieri di San Lazzaro rimane una figura per molti versi sfuggente, come tutte quelle figure che hanno fatto da cerniera negli scambi culturali internazionali. Il suo stesso profilo professionale, del resto, lo poneva a un crocevia significativo: scrittore per vocazione, e autore di alcuni romanzi a sfondo autobiografico, aveva dovuto sacrificare la sua propensione per le lettere per dedicarsi a pieno all’editoria d’arte che, quando da Roma approdò ventenne a Parigi, nel 1924, gli aveva dato un’identità e un ruolo nel sistema delle arti. È questo, infatti, il cuore del fondo dedicato a lui e a Maria Papa (sua moglie dal 1959) custodito presso il Centro APICE, dove si conservano materiali epistolari in larga parte relativi alla storia della rivista “XXe Siècle”, oltre a una serie completa della rivista stessa, interamente digitalizzata.

Nato a Catania nel 1904, ma presto girovago in più città italiane, precocemente San Lazzaro aveva scelto di sostituire il proprio nome di battesimo, Giuseppe Papa, con un insolito pseudonimo che a molti parve avere un suono araldico e nobiliare, con cui adolescente firma i primi racconti sulle “Cronache di attualità” di Bragaglia, a cui farà un’ideale prosecuzione, a Parigi, con “Chroniques du jour”, nato come rivista e rapidamente trasformata in casa editrice. Nel 1934, a riguardo, dirà che sua intenzione era « fare della monografia non un oggetto di studio ma di godimento. Il libro, secondo me, doveva entusiasmare, come una bella esposizione».

A questo principio sarebbe rimasto sempre fedele, specialmente da quando nel 1938 darà vita a “XXe Siècle”, la rivista con grafiche d’autore originali, che dirigerà fino alla morte, avvenuta a Parigi nel 1974. “XXe Siècle” incarnava l’idea di una rivista bella da vedere e da sfogliare, attenta al panorama delle avanguardie fra seconda École de Paris e istanze “autre” e ai loro corrispettivi europei. Per accentuare quell’aspetto di rivista bella come un’opera d’arte aveva chiesto ad alcuni dei protagonisti delle avanguardie storiche, da Mirò ad Arp, a Ernst e Giacometti, di realizzare per la copertina della rivista un disegno da riprodurre in litografia e imprimere su fondi coloratissimi, realizzando una vera e propria galleria. Tutto questo, con le sue riproduzioni di grande formato e di impeccabile qualità tipografica, oltre a non poche riproduzioni a colori, facevano della rivista di San Lazzaro un oggetto da collezione – lontano forse dallo spirito e dalle tensioni che animavano le pubblicazioni militanti coeve ma attendo al dibattito e alle sue trasformazioni – e uno strumento di aggiornamento sulle tendenze dell’arte attuale e sulle grandi mostre. Forse per questo l’interesse di San Lazzaro andava principalmente verso i poeti e gli scrittori d’arte che per gli storici dell’arte e i nuovi critici: a monte della sua rivista rimaneva quel modello di critica d’arte, erede di Baudelaire, che si era formato sui giornali. San Lazzaro stesso, del resto, aveva prestato costantemente la propria penna alla stampa periodica, unendo le ragioni dell’arte e quelle della vita. Aveva raccontato a puntate la vita a Parigi durante la guerra, radunando poi in volume quei testi col titolo Parigi era morta. Ma soprattutto, aveva raccontato cos’era stata Parigi nel suo momento più alto, intrecciando la propria biografia in terza persona con aneddoti e incontri con artisti, scrittori e personaggi del sistema artistico parigino perché, come ebbe a scrivere negli anni Sessanta, più che le opere aveva preferito collezionare l’amicizia degli artisti. Tutto questo era materia del suo romanzo più importante, che pubblicherà dapprima nel 1949, poi di nuovo nel 1966, che fin dal titolo portava un’eco di nostalgia: Parigi era viva.

 

Luca Pietro Nicoletti
Università degli Studi di Udine